Tasse non pagate? Arriva la voluntary disclosure


Diciamolo chiaramente: il fisco in Italia è una vera e propria giungla. Solo a giugno abbiamo IMU e TASI da saldare, scivolando fino ad ottobre con la dichiarazione dei redditi.  I privati hanno queste scadenze, mentre per i liberi professionisti c’è un intero oceano di scadenze, quasi mensili. A volte può quindi capitare di saltare una scadenza, specie in tempi di crisi come quelli attuali, oppure omettere di dichiarare redditi o capitali, evitandone la tassazione.

Il fisco, però, ha previsto questa possibilità, e ha messo a punto la voluntary disclosure (VD). Senza entrare in dettagli eccessivamente tecnici, andiamo a vedere di che si tratta.


A chi è rivolta la  voluntary disclosure


Innanzitutto, è una procedura rivolta sia a persone fisiche sia a persone giuridiche, tanto per i capitali all’estero (grazie alla voluntary disclosure internazionale) quanto per alcune tipologie di evasione di imposte dirette od indirette in Italia (voluntary disclosure nazionale) che non siano ancora oggetto di accertamento o controllo fiscale.

La voluntary disclosure agisce su due linee differenti, ovvero le violazioni del quadro RW del modello UNICO, dove vanno riportati i capitali posseduti all’estero, e sull’evasione fiscale avvenuta in Italia. La procedura è una vera e propria autodenuncia al fisco, in cui l’evasore dichiara che, negli anni oggetto di autodenuncia (dal 2004 al 2014 per le nazioni Black List, e dal 2009 al 2014 per i Paesi in White List o aderenti allo scambio di informazioni bancarie) il soggetto ha posseduto degli importi non sottoposti a tassazione.


I calcoli e gli importi delle sanzioni


Il soggetto dovrà dunque redigere una lista esaustiva delle somme non dichiarate, senza ometterne alcuna pena l’invalidazione della procedura, chiedendo al fisco di determinare imposte e sanzioni da versare per rientrare in pari.


Il fisco dunque provvederà a fare i dovuti calcoli e comunicare al soggetto evasore gli importi da versare, che possono essere o meno accettati dall’individuo: non si può, dunque, determinare a priori quanto si dovrà versare. Diversamente dagli scudi fiscali degli anni passati, le imposte sono dovute quasi per intero ma si ottiene uno sconto sulle sanzioni e una riduzione del periodo di controllo. Le sanzioni, infatti, generalmente giungono fino all’80% del reddito evaso che, grazie alla VD, può arrivare ad essere ridotto tra l’1,5% e il 5% del capitale evaso.

Chiaramente vi sono alcune cose che vanno controllate prima di procedere con la richiesta. Innanzitutto si deve far attenzione all’effetto cascata: ogni pratica deve includere i soggetti collegati: tipico l’esempio di fratelli che hanno un conto cointestato non dichiarato. Se uno dei due aderisce alla voluntary disclosure, o aderisce anche l’altro oppure pagherà per intero la sanzione. Inoltre, non tutti i reati sono sanabili con la VD: prima di agire è meglio rivolgersi al proprio commercialista, specialmente per i profili penali. La VD, fra le altre cose, non impedisce eventuali successive verifiche, quindi se il fisco scopre altri importi non dichiarati od evasi causerà – giocoforza – la perdita di tutti i vantaggi.

Attenzione poi agli asset in portafogli: trust, fiduciarie e contenitori assicurativi per la gestione patrimoniale rischiano di essere riqualificati. Essendo basata sulla trasparenza, si devono valutare attentamente le modalità con cui si espongono i dati in caso di attuazione della voluntary disclosure per far trasparire appieno sia la volontà collaborativa, sia la correttezza delle forme di risparmio attuate.
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