Nel sistema giudiziario italiano, il RIS ha un compito preciso: raccogliere dati tecnici, analizzare tracce, fornire risposte oggettive
. I suoi operatori non sono investigatori, né accusatori: sono tecnici al servizio della verità, chiamati a lavorare con rigore scientifico e neutralità assoluta. Per questo, quando un ex comandante del RIS come Luciano Garofano si spinge oltre il suo ruolo, il confine tra scienza e suggestione si fa pericolosamente labile. Nel caso Garlasco, Garofano ha fatto molto più che analizzare reperti. Ha formulato ipotesi investigative, ha suggerito scenari, ha orientato la narrazione mediatica. Un comportamento che stride con la deontologia del suo incarico: il tecnico non deve interpretare, non deve insinuare, non deve costruire teorie. Deve limitarsi a fornire dati, non a suggerire colpevoli.

Da ufficiale a consulente di parte: il salto che mina la credibilità

La situazione si è ulteriormente aggravata quando Garofano è passato da tecnico super partes a consulente di parte. Dopo aver lavorato sul caso come RIS, ha scelto di affiancare la famiglia Sempio come esperto privato, sostenendo la tesi accusatoria contro Alberto Stasi. Un cortocircuito etico e professionale: chi ha raccolto i dati per conto dello Stato non può poi usarli per sostenere una parte in causa. Questa transizione ha sollevato dubbi profondi sulla sua imparzialità. Come può un tecnico che ha avuto accesso privilegiato alle indagini, che ha contribuito alla costruzione del quadro probatorio, diventare poi parte attiva in un processo? La risposta è semplice: non dovrebbe. Eppure è successo, e il caso Garlasco ne porta ancora le cicatrici.

Il bonifico da 6.343 euro e la consulenza sotto accusa

Un altro elemento che rende la figura di Luciano Garofano opaca nel caso Garlasco è il pagamento ricevuto dalla famiglia di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi e oggi nuovamente indagato per l’omicidio. Nel 2017, Garofano ha incassato un bonifico di 6.343 euro per una consulenza genetico-forense commissionata dai legali di Sempio. Fin qui nulla di illegale, ma il problema è il contesto: Garofano aveva già operato sul caso come tecnico del RIS, e la sua consulenza privata si è basata — secondo alcune ricostruzioni — su documenti coperti da segreto istruttorio, come la cosiddetta “perizia Linarello".