I PIR convengono davvero? Forse non proprio


I PIR sono l'ultimo strumento ritrovato in ambito finanziario. Tutti ne parlano, tanti decidono di investire... cominciamo col dire che  tra commissioni di gestione comprese tra lo 0,8% ed il 2% e commissioni di performance, comprese tra il 10% il 25%, sono sicuramente l'occasione del decennio.
Certo.... ma non per voi piccoli risparmiatori, quanto per le banche e gli operatori del risparmio gestito.

Certamente è possibile guadagnare con i PIR, ma non in maniera efficiente e senza regalare soldi al mercato. 



Fra 4-5 anni forse assisteremo ad una puntata di Report che parla dei PIR, perchè ovviamente in Italia l'informazione va fatta a posteriori, quando almeno un pò di gente si è bruciata o ci ha lasciato le piume.

C'è da dire che almeno questa volta c'è un salvagente, ossia l'importo massimo che si può investire in questi strumenti, che a parte le commissioni presentano altri rischi...


Che obiettivo hanno i PIR?

Per il Governo, quello di indirizzare parte del risparmio degli italiani verso le imprese italiane, specie quelle medio-piccole, per far ripartire l'economia.

Perché vanno di moda i PIR?

Perché, se i soldi che investite, li investite per 5 anni almeno, sarete esenti dalla tassazione sui redditi da capitale o redditi diversi che derivano dagli investimenti nel PIR, nonché dalle imposte di successione.

In cosa vengono impiegati i vostri soldi?

-Almeno il 70% (il restante 30% può essere messo dove si vuole) di quanto metterete nel PIR deve finire obbligatoriamente in strumenti finanziari (azioni/obbligazioni) di aziende italiane quotate oppure non italiane ma con stabile organizzazione in Italia.
-Almeno il 30% del 70% deve essere investito in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell'indice FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati, quindi in azioni o obbligazioni di mid e small caps.
-Le somme o i valori destinati nel piano non possono essere investiti per una quota superiore al 10 per cento del totale in strumenti finanziari di uno stesso emittente o stipulati con la stessa controparte o con altra societa' appartenente al medesimo gruppo dell'emittente o della controparte o in depositi e conti correnti.
-Gli strumenti finanziari in cui è investito il piano devono essere detenuti per almeno cinque anni. In caso di cessione degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima dei cinque anni, i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli percepiti durante il periodo minimo di investimento del piano sono soggetti a imposizione secondo le regole ordinarie.
-Non è possibile investire più di 30mila euro all’anno nei PIR, e si può arrivare ad investire un massimo di 150mila euro in totale, in più anni di investimenti.

Rischi nella sottoscrizione di un PIR

-Tutto il rischio " Paese" è concentrato sull' Italia. Italia nei confronti dei quali i sottoscrittori sono già esposti sul versante del lavoro, degli immobili, dei titoli di stato. (Questo è l' esatto opposto di ciò che un investitore dovrebbe fare, almeno secondo gli insegnamenti accademici).
- Investire il 30% del 70% in titoli fuori dal FTSE-MIB, significa investire in titoli poco liquidi ed altamente volatili.
- Rischio idiosincratico non indifferente, vista la soglia del 10%. 

I PIR convengono davvero?

-Uso direttamente un illuminante esempio del prof. Nicola Borri.
Consideriamo infatti un investimento in un Pir pari a 150mila euro per trenta anni e con un rendimento medio pari al 2 per cento. Se non ci fossero commissioni, il valore finale sarebbe di poco oltre 265mila euro. In questo caso, il risparmio fiscale sarebbe di circa 30mila euro (ovvero, il 26 per cento della differenza tra il valore finale e iniziale dell’investimento). È probabile che questa sarà la cifra reclamizzata dagli intermediari per invogliare il risparmiatore. Tuttavia, le banche vorranno essere retribuite e le commissioni di gestione possono cambiare, e di non poco, il risultato finale. Uno dei primi Pir a essere collocati in Italia è il fondo Anima Crescita Italia che, da prospetto, richiede una commissione di entrata pari al 4 per cento e una annua pari all’1,46 per cento (oltre a commissioni di performance che entrano in gioco se i rendimenti superano alcuni livelli). In questo caso, anche senza prendere in esame le commissioni di performance e considerando il medesimo rendimento annuo pari al 2 per cento, il valore finale dell’investimento sarebbe di poco meno di 170mila euro per un risparmio fiscale di soli 5mila euro.
-Per valutare l’impatto delle commissioni consideriamo il risultato di un investimento, su trenta anni e con un rendimento medio del 2 per cento, in un Etf con commissioni pari allo 0,5 per cento. Il valore finale dell’investimento sarebbe di circa 230mila euro. Dal momento che il rendimento viene tassato al 26 per cento, il valore finale, al netto delle tasse, sarebbe di circa 210mila euro, ben più dei 170mila del Pir, nonostante i minori rischi dell’investimento. (Gli ETF indice sonomolto più liquidi di alcuni degli strumenti oggetto di investimento dei PIR e molto meno volatili).


Tratto da un post pubblico su facebook di Francesco Maria Pellegrini.
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